mercoledì 18 settembre 2013

A KIDAL TUAREG BLOCCANO VISITA MINISTRI


Misna, settembre 16, 2013 - 14:11 MALI

Rimane tesa la situazione nel capoluogo nord-orientale di Kidal dove una delegazione ministeriale è stata costretta a fare marcia indietro, attaccata da esponenti della ribellione tuareg del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla). In base alla ricostruzione dei fatti diffusa dalla stampa maliana, giovani sostenitori dell’Mnla hanno dapprima impedito all’aereo di atterrare e poi hanno scagliato pietre contro il convoglio ministeriale diretto in città, costringendo la delegazione ufficiale ad interrompere la propria visita.
Il neo ministro della Riconciliazione nazionale e per lo Sviluppo delle regioni settentrionali, Cheick Oumar Diarrah, era accompagnato dai suoi colleghi incaricati della Sicurezza interna, il colonnello Sada Samaké, e dell’Amministrazione territoriale, il generale Muossa Sinko Coulibaly. “Siamo venuti qui, inviati dal presidente della Repubblica, per portare un messaggio di pace alle popolazioni e ai capi tradizionali ma anche per discutere di una soluzione durevole della crisi maliana, per raggiungere la pace e la sicurezza” ha detto Diarrah al suo arrivo a Kidal. Nel capoluogo due ordigni sono esplosi mentre era in corso la visita degli esponenti di governo, senza fare alcuna vittima. I caschi blu della Missione Onu (Minusma) hanno utilizzato gas lacrimogeni per disperdere il corteo di simpatizzanti dell’Mnla che contestava i rappresentanti di Bamako.
Ma anche negli altri territori dell’Azawad l’instabilità è palpabile, soprattutto dopo le violenze che si sono verificate mercoledì scorso nella zona di Foïta, al confine con la Mauritania, tra l’esercito maliano e uomini dell’Mnla, concluse con alcuni morti. In un comunicato diffuso nelle ultime ore a firma di Mossa Ag Attaher, il portavoce della ribellione tuareg ha minacciato di “replicare agli aggressori” fino ad “annientarli” in caso di nuovo incidente armato. L’Mnla accusa le autorità di Bamako di aver violato gli accordi di Ouagadougou firmati lo scorso giugno con l’attacco commesso contro le posizioni del gruppo ribelle ma anche per la mancata scarcerazione dei prigionieri tuareg. Sulla carta il nuovo governo del presidente Ibrahim Boubacar Keïta ha due mesi di tempo dal suo insediamento per raggiungere un accordo di pace definitivo con la controparte. A questo punto i negoziati appaiono davvero in salita.

DOPO IL GIURAMENTO, GLI IMPEGNI DEL PRESIDENTE KEITA


Misna, settembre 5, 2013 - 8:56  MALI  

“Nessuno sarà al di sopra della legge: verrà applicata allo stesso modo per tutti. Voglio porre fine all’impunità che ha devastato le istituzioni politiche e giudiziarie del nostro Stato”: è questo il primo impegno preso da Ibrahim Boubacar Keïta (anche detto ‘Ibk’) nel discorso pronunciato dopo aver prestato giuramento come nuovo presidente del Mali per i prossimi cinque anni. ‘Ibk’, eletto al ballottaggio dello scorso 11 agosto con il 77,6% dei consensi, ha subito fatto riferimento alle recenti alluvioni che hanno causato vittime e ingenti danni a Bamako, promettendo di “identificare le varie responsabilità all’origine di questa recente tragedia”. Il neo presidente ha ribadito il suo impegno a favore della lotta alla corruzione e per una gestione più responsabile e accurata dei fondi pubblici.Ma per ‘Ibk’ l’altra sfida “priorità e pressante” riguarda la riconciliazione e l’unità nazionale. “Non mi dimenticherò mai che mi avete assegnato quest’incarico per prendere cura di tutti gli aspetti della vita della nostra nazione (…) Voglio riconciliare i cuori e le menti, ristabilire una vera fratellanza fra di noi in modo che tutti possano partecipare in modo armonioso alla sinfonia nazionale” ha detto Keïta. Secondo il capo dello Stato, “servono azioni adeguate per trovare soluzioni solide in grado di portare a una pace durevole e di farci uscire in modo definitivo dalle crisi cicliche nel nord del paese”. Per 18 mesi, in piena transizione politica sotto la guida di Dioncounda Traoré, Bamako ha combattuto un conflitto armato con la ribellione tuareg del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla) e gruppi armati islamici. Se le vaste regioni desertiche settentrionali sono state liberate, anche grazie all’intervento di truppe francesi e africane, oggi ancora la situazione rimane instabile.Per l’organizzazione Human Rights Watch,  il Mali si trova a “un crocevia” e tocca a Keïta “risolvere una volta per tutte corruzione, impunità, indisciplina nelle forze di sicurezza” ma anche “porre fine alle tensioni etniche e alla povertà diffusa: tutte dinamiche che hanno portato il paese sull’orlo del crollo totale”.