venerdì 20 aprile 2012

Mali: Il Golpe dopo la ribellione Tuareg

I recenti attacchi del Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad (MNLA) all’unità territoriale del Mali, hanno provocato la destituzione del Presidente Amadou Toumani Touré da parte di alcuni ufficiali delle forze armate. Le conseguenze del cambio di amministrazione potrebbero ripercuotersi sulla tornata elettorale fissata per il 29 aprile. Il perdurare dell’incertezza politica desta la preoccupazione della comunità internazionale, la quale vede una possibilità per Al-Qaeda nel Maghreb islamico (AQMI) di estendere la sua influenza nel Sahel.
Alex Scalvini


Le richieste dei Tamashek
L’Azawad, di cui i Tuareg chiedono l’indipendenza,  è un vasto territorio comprendente le regioni di Timbuktu, Gao e Kidal. E’ stato al centro delle rivolte (1963, 1990, 2000, 2006-2008) contro il Governo centrale che cercava di imporsi nell’area. L’affermazione parziale dell’autorità statale, ha permesso alla criminalità organizzata ed allo jihadismo nordafricano di rifugiarvisi trasformandolo in un importante crocevia per il traffico di droga e di armi.
Secondariamente, la zona è stata colpita da una grave siccità nel corso del 2011, che ha provocato l’aumento dei prezzi cerealicoli ed una grave crisi alimentare. Si calcola infatti che quasi tre milioni di maliani siano a rischio malnutrizione. Il fiume Niger, principale risorsa idrica del Paese è a rischio a seguito dello sfruttamento intensivo del suo letto. L’attività umana ha portato ad un abbassamento della linea del corso d’acqua, con una conseguente diminuzione delle ricariche di acque sotterranee e una maggior difficoltà nell’accesso al pompaggio a portata bassa. Le difficoltà nell’irrigazione si ripercuotono sulla coltivazione del mango, il principale prodotto agricolo esportato dal Mali.


Il Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad nasce con la “fusione” della milizia di Ibrahim Ag Bahanga -morto in un incidente d’auto lo scorso 26 agosto 2011- con i tuareg reduci dalla Libia guidati da Mohamed Najim. Quest’ultimo, arruolatosi nell’esercito di Gheddafi dopo gli accordi di pace tra la sua gente e il Governo nel 1992, è rientrato in Mali alla caduta del dittatore libico. Attualmente ricopre il ruolo di Capo di Stato Maggiore del gruppo e può fare affidamento su un entourage composto da ufficiali disertori dell’esercito maliano e dell’ex colonia italiana.
Le forze ribelli possono appoggiarsi ad alcuni importanti alleati. In primis Iyad Ag Aghaly, ex consigliere culturale dell’Ambasciata maliana in Arabia Saudita e leader del gruppo salafita Ansar al-Din (Difensori della Fede). Capo della rivolta degli anni novanta, ha servito il Governo maliano fino al 2011 in qualità di mediatore delle dispute tra le tribù tuareg. Secondariamente possono contare sul supporto di Abu Zeid e di Abdel Karim Targui, due emiri qaedisti che partecipano attivamente ai combattimenti nel Nord del Paese. Un altro sostenitore della causa del MNLA è l’ex ambasciatore libico in Niger Husayn al-Kuni, attualmente governatore di Ghat, il quale controlla la strada attraverso cui passano i rifornimenti di armi ai guerrieri maliani e ciadiani.
La maggioranza degli abitanti dell’Azawad sostiene tuttavia l’integrità territoriale delle entità amministrative esistenti. La rivolta viene piuttosto percepita come il tentativo di alcuni leader, scontenti della politica governativa nella zona, di approfittare del caos seguito al ritorno dei Tamashek arruolatisi in Libia, per avanzare nuove richieste ed ottenere più benefici.
Abderrahamane Ould Meydou, l’ex comandante di Bani Walid Ag Mohamed Bashir e il colonnello Maggiore Elhadji Gamou,  sono i militari originari della regione a cui è stata affidata la direzione delle operazioni contro l’MNLA. Gamou, comandante della milizia “Delta”, fu colui che distrusse le basi del leader ribelle Ibrahim Ag Bahanga durante l’ultima rivolta scoppiata nel 2006 e conclusasi nel 2008.
L’ex Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Ahmed Diane, in una sua dichiarazione  a sostegno dell’integrazione della popolazione saheliana con quella maliana, aveva reso noto come soltanto un centinaio dei 3600 dei tuareg arruolatisi nell’esercito avesse disertato.  Dei 400 militari di ritorno dalla Libia ben 300 si erano schierati con Bamako e sono attualmente impegnati nella zona di Kidal e Tessalit sotto il comando di Gamou. Le milizie di Waqqi Ag Ossad e di Inackly Ag avevano giurato fedeltà a Touré. 
Gli attacchi dell’MNLA
L’offensiva scatenata dal movimento di Mohamed Najim il 16-17 gennaio 2012 si può suddividere in tre fasi. In primis, una breve occupazione (fino al 20 gennaio) delle città di Menaka, Anderamboukane, Aguelhoc e Tessalit, utilizzando la tattica del “mordi e fuggi”; attacchi lampo ad obiettivi governativi, non avendo a disposizione i mezzi necessari a sostenere l’avanzata. 
L’uccisione di 41 soldati ad Aguelhoc, provoca violenti proteste anti-tuareg in tutto il Paese. Negozi e abitazioni di proprietà dei Tamashek vengono danneggiati o saccheggiati. Tra le “vittime” note dei disordini, ci furono l’ex Ministro delle Arti e della Cultura Zakiatou Walet Halatine e il professore universitario Aboubacrine Assadek Ag Hamahady, che fuggono precipitosamente dal Paese. Nonostante il Presidente abbia invitato alla calma, la situazione rimane tesa.  
Un peggioramento dei rapporti tra le comunità, favorirebbe la propaganda dell’MNLA e dell’AQMI, i quali fanno dell’appartenenza identitaria uno dei pilastri fondamentali della loro ideologia. Nonostante il movimento maliano abbia il sostegno di alcuni emiri qaedisti, ha sempre negato il legame con il gruppo jihadista. Mahmoud Ag Aghaly, portavoce degli insorti ha dichiarato: “non abbiamo niente a che vedere con Al Qaeda, non siamo trafficanti di droga e non c’entriamo nulla con i rapimenti di occidentali”

L’intervento delle truppe regolari porta alla liberazione delle città precedentemente espugnate. Nonostante la ritirata e i danni subiti, i ribelli riescono a conquistare il 26 gennaio Lere e Nianfounke, l’8 febbraio Tinzawatene, il 16 Lere, Nampala e Inhalil, il 17 Gao e  il 18 Youwarou.  Ciò che sorprende, è la capacità dei guerriglieri tuareg di colpire città geograficamente distanti tra loro: Menaka confina con il Niger, Nianfounke con la Mauritania e Tessalit con l’Algeria.                                                                                                                                                                                                                                                                  
L’esercito guidato dal colonnello Gamou con il sostegno di elicotteri da combattimento riesce a riprendersi le città perdute tranne Tessalit, rioccupata dall’MNLA l’11 marzo 2012.
Con l’offensiva avviata dopo il colpo di Stato, i ribelli riescono a “liberare” l’Azawad, proclamandone l’indipendenza il 7 aprile 2012. Il 30 marzo si sono impossessati di Kidal, il 31 di Gao e il 2 aprile di Timbuctu. Le difficoltà delle forze maliane nel debellare l’offensiva Tamashek preoccupano in vista delle elezioni del 29 aprile 2012.
Un ulteriore problema collegato alla tornata elettorale riguarda la fuga di 170000 maliani nei Paesi circostanti a causa degli scontri. Le agenzie internazionali e le Organizzazioni No Profit (ONG) come il Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), Medici Senza Frontiere (MSF) e la Croce Rossa Internazionale (CIR) sono già intervenute con la creazione di campi profughi e la distribuzione di generi alimentari ma non è sufficiente. Gli interventi umanitari, scarseggiano per la paura dei rapimenti e per la violenza dei combattimenti. Secondariamente, il mancato rimpatrio dei rifugiati influisce sull’aspetto organizzativo delle votazioni. I problemi nell’allestimento dei seggi, nella consegna delle tessere e nella compilazione delle liste elettorali “indebolirebbero” l’esito del voto nazionale.

“L’impatto militare” sulle votazioni del 2012
Il 21 marzo 2012 i soldati della guarnigione di Kati alle dipendenze del capitano Amadou Sanogo sono insorti contro il Governo occupando rapidamente il Palazzo Presidenziale e la televisione di Stato e destituendo il Presidente Amadou Toumani Touré, reo di non fornire sufficienti mezzi e munizioni per contrastare la ribellione separatista. La giunta militare, autonominatasi Comitato Nazionale per la Restaurazione della Democrazia e dello Stato (CNRDRE), introduce il coprifuoco, scioglie le istituzioni e sospende la Costituzione. Il Colpo di Stato non incontra particolare resistenza e provoca solamente tre morti. L’ex Capo di Stato si rifugia in una caserma militare con le sue guardie del corpo mentre alcuni membri del precedente esecutivo come gli ex Ministri Someylou Boubeyè Maiga e Kafougouna Konè vengono arrestati.
I militari vogliono debellare la ribellione dei Tuareg nel Nord del Paese, approntare una nuova Costituzione che garantisca il diritto di sciopero e di manifestazione e favorire lo svolgimento delle elezioni fissate il 29 aprile in cui nessun membro del CNRDRE potrà candidarsi.
Nonostante la manifestazione di solidarietà a Bamako il 28 marzo e l’appoggio del Partito Africano per la Solidarietà, Democrazia e Indipendenza (SADI), il golpe è stato duramente condannato dalla comunità internazionale. Gli Stati Uniti, la Francia e l’Unione Europea hanno minacciato di sospendere gli aiuti economici destinati al Mali. La Comunità Economica dei Paesi dell’Africa occidentale (ECOWAS) ha dato tre giorni di tempo alla giunta militare per dimettersi evitando nuove sanzioni e il blocco dei confini. “Qualora i rivoltosi non abdicassero, l’Organizzazione africana non esclude l’invio di un contingente armato nel Paese” (Alassane Ouattara).
La maggior parte degli esponenti politici locali, in primis Soumaila Cissè (Unione per la Repubblica e la Democrazia o URD) e Ibrahim Boubacar Keita (Rally per il Malì o RPM), ha criticato Sanogo per non aver atteso il 29 aprile giorno della scadenza del secondo mandato di Touré. Quest’ultimo, avrebbe dovuto lasciare la sua funzione, essendo escluso per legge un terzo incarico presidenziale. L’establishment politico non ha rinunciato al dialogo con i militari, volto a trovare un compromesso che eviti al Paese l’interruzione degli aiuti internazionali e l’isolamento politico favorendo la ribellione tuareg. Tiébilé Dramé, tra i fondatori del Fronte Unito per la Salvaguardia della Democrazia e della Repubblica (FUDR) aveva dichiarato: “Restiamo ottimisti e contiamo sul fatto che i golpisti accettino di sedersi al tavolo dei negoziati assieme alle forze vive del Paese che vogliono chiudere rapidamente questa parentesi”.

Il 1 aprile 2012 Sanogo ha ripristinato la Costituzione del 1992, in cui è previsto un periodo transitorio di 25-45 giorni -nel caso in cui il Capo di Stato non sia in grado di svolgere le sue mansioni- prima di realizzare nuove elezioni.
Il 10 Aprile, con l’intermediazione dei Paesi dell’Africa Occidentale è stata superata l’impasse politica. Dopo le dimissioni presentate dal Capo di Stato uscente Amadou Toumani Touré, Sanogo ha concordato con i mediatori dell’ECOWAS la nomina dell’attuale Presidente dell’Assemblea Nazionale, Dioncounda Traorè, a Presidente ad interim. Egli dovrà nominare in tempi brevi un nuovo Governo di unità nazionale, che sia in grado di organizzare le elezioni dopo lo slittamento di quelle del 29 Aprile 2012.

Conclusioni
L’accordo stipulato tra la giunta militare e le forze politiche con la mediazione dell’ECOWAS  ha permesso di superare la crisi politica scaturita dal golpe. Secondariamente è stato evitato il blocco degli aiuti internazionali fondamentali per l’economia del Paese africano. Nonostante le elezioni siano state rimandate, la volontà di organizzarle il prima possibile è un ulteriore passo verso la democrazia compiuto dal Mali.
Lo Stato africano si trova a dover fronteggiare due problemi. In primis l’elevato numero di profughi causato dagli scontri nell’Azawad. Per ridurre il dramma umano occorrerebbe incrementare gli aiuti umanitari delle organizzazioni internazionali. La scarsità degli interventi è dovuto alla paura dei rapimenti; se l’esercito maliano riuscisse a stabilire vie sicure per i soccorritori, si ridurrebbe il numero di sequestri e si riuscirebbe ad assistere i rifugiati.
Il secondo problema riguarda la ribellione nel Nord del Paese. Il Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad è insorto per il rifiuto di Tourè ad attuare gli accordi di Algeri del 2006, i quali prevedevano la modernizzazione dell’Azawad in cambio della rinuncia dei Tuareg a chiedere l’autonomia. Approfittando della scarsità di mezzi dell’esercito regolare e dell’instabilità politica successiva al golpe, il MNLA è riuscito a conquistare ampie porzioni di territorio. Il movimento maliano, prendendo le distanze da Al-Qaeda nel Maghreb islamico, ha tuttavia attutito la preoccupazione della comunità internazionale per una possibile diffusione dell’integralismo islamico nel Sahel.
La salvaguardia dell’integrità territoriale maliana è ritenuta fondamentale per la stipula di qualsiasi accordo da parte di Bamako. Qualora una controffensiva militare dovesse fallire, si potrebbe puntare sulla realizzazione del patto di Algeri, incentrato su riforme socio-economiche che favoriscano gli investimenti nelle infrastrutture, nella sanità, nell’istruzione e nella lotta alla desertificazione del Sahel. 

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