martedì 27 maggio 2014

AL NORD TREGUA NEI COMBATTIMENTI, NUOVO BILANCIO
 
26 maggio 2014 - Stanno ritornando a Kidal le popolazioni fuggite dopo gli intensi scontri della scorsa settimana, interrotti grazie al cessate il fuoco decretato da Bamako e, per ora, rispettato dai ribelli. L’accordo è stato firmato venerdì scorso dal governo e da tre gruppi armati,  con la mediazione dell’Unione africana. Una tregua nei combattimenti che ha anche consentito la distribuzione di aiuti alimentari da parte del Programma alimentare mondiale (Pam).
Sul terreno i gruppi armati, in particolare i tuareg del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla), sono in posizione di forza nel capoluogo di Kidal (nord-est) e nella località di Menaka. Truppe regolari sono invece dispiegate ad Aguelok e Tessalit.
Nelle ultime ore il ministro della Difesa ha diffuso un bilancio aggiornato delle violenze del 17 e del 21 maggio, confermando la morte di 50 soldati e il ferimento di altri 48 negli scontri contro gli insorti per il controllo di Kidal, 1500 km dalla capitale. La stessa fonte ha assicurato che convogli di viveri e forniture di armi sono partiti da Bamako in direzione del nord. Nel frattempo la missione Onu dispiegata in Mali (Minusma) ha effettuato più di 80 pattuglie militari nell’instabile regione dell’Azawad.
 

sabato 24 maggio 2014

PER ONU ANCHE MENAKA IN MANO AI RIBELLI, APPELLO AL DIALOGO

23 maggio 2014 -  “Kidal e Menaka sono ora sotto il controllo del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla). Movimenti di truppe della ribellione tuareg sono stati segnalati in altre località della regione, tra cui Anefis e Aguelhoc”: lo ha riferito un portavoce del segretario generale dell’Onu, Stéphane Dujarric. Un aggiornamento della situazione militare sul terreno che contrasta con le ultime dichiarazioni del ministero della Difesa, che ha assicurato che l’esercito si è ritirato solo da Kidal e “mantiene tutte le sue posizioni altrove”. L’Mnla ha invece annunciato la propria vittoria su più fronti.
Secondo l’Onu, la ripresa delle ostilità all’estremo nord-est del paese ha già spinto 3400 civili a scappare da Kidal, per trovare rifugio a Gao e nella confinante Algeria. Aiuti umanitari sono stati destinati a Gao, altro capoluogo della regione dell’Azawad, mentre Kidal non è accessibile agli operatori.
Intanto a Bamako, fonti missionarie della MISNA riferiscono della partenza di truppe e mezzi militari, diretti al nord, ma di una “vita regolare”. Ieri per le vie della capitale hanno manifestato donne e lavoratori, che hanno preso parte ad una marcia di sostegno al governo e all’esercito. “Il Mali è uno e indivisibile. Kidal rimarrà maliana. Abbiamo fiducia nelle autorità e nelle truppe per risolvere la questione. Dobbiamo rafforzare la lotta ai jihadisti e ai narcotrafficanti” hanno scritto giornali locali raccontando delle proteste di ieri. I manifestanti hanno inoltre scandito slogan contro i francesi dell’operazione Serval e contro i caschi blu della Minusma per non essere intervenuti a Kidal contro i ribelli. Il Palazzo di Vetro di New York ha risposto che “il nostro mandato riguarda la protezione dei civili e non prevede che facciamo la guerra al posto dei maliani (…) siamo sul posto per facilitare l’uscita dalla crisi e non per combattere”.
A lanciare un messaggio di incoraggiamento ai maliani è stato il primo ministro Moussa Mara, che ha invitato i cittadini a “rimanere uniti” e ad “avere fiducia nel presidente Keita e nell’esercito”.
Nelle ultime ore si sono anche moltiplicate le iniziative diplomatiche regionali ed africane. Il vicino Burkina Faso, mediatore nella crisi maliana, ha dispiegato a Bamako il capo della diplomazia del Burkina Faso. In visita nella capitale maliana il presidente mauritano Mohamed Ould Abdel Aziz, alla presidenza dell’Unione Africana, ha insistito sull’urgenza di “privilegiare il dialogo, unica via d’uscita dalla crisi” piuttosto che “ricominciare una guerra”. Il capo di Stato del paese confinante ha assicurato che “siamo pronti ad impegnarci accanto ai nostri fratelli per trovare le soluzioni”. Finora Nouakchott non ha dispiegato suoi uomini in Mali nell’ambito della missione Onu.
 

lunedì 19 maggio 2014

I tuareg attaccano una sede del governo a Kidal

















19 maggio 2014 - Il governo del Mali è “in guerra con i terroristi”: lo ha detto il primo ministro Moussa Mara dopo gli scontri del 17 maggio tra esercito e ribelli tuareg nella città settentrionale di Kidal, in cui sono morte decine di persone.
Gli incidenti sono scoppiati durante la visita di Mara a Kidal, una roccaforte dei ribelli tuareg. Il Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla) ha preso d’assalto la sede dell’amministrazione locale causando la morte di almeno 36 persone, tra militari e dipendenti pubblici. I ribelli hanno poi preso in ostaggio una trentina di persone, in gran parte funzionari del governatorato.
La missione delle Nazioni Unite in Mali, la Minusma, ha condannato “nella maniera più assoluta l’uccisione di civili e funzionari del governatorato di Kidal. Questo crimine barbaro è assolutamente inaccettabile e i responsabili dovranno rispondere delle loro azioni”, ha detto Albert Koenders rappresentante speciale del segretario delle Nazioni Unite.
Ritornato a Bamako, domenica sera, Moussa Mara ha detto che le autorità sono impegnate per la liberazione degli ostaggi affermando che alcuni di loro sono stati uccisi a sangue freddo e altri liberati perché feriti. Con gli scontri a Kidal “i terroristi hanno dichiarato guerra al Mali, e quindi il Mali è in guerra contro questi terroristi”, ha detto Mara da Gao, ultima tappa del suo viaggio nel nord del Mali, la sua prima visita in queste regioni da quando è entrato in carica, all’inizio di aprile.
Anche la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas) si è detta preoccupata per ” il grave deterioramento della situazione politica e della sicurezza ” in Mali, condannando gli atti di violenza a Kidal. E l’Unione africana ha invitato “le parti a esercitare la massima moderazione”.
Il nord del Mali è stato teatro di un conflitto armato tra il 2012 e il 2013. Per superare la crisi in modo definitivo non sono bastati né l’intervento militare a guida francese né l’accordo di pace preliminare firmato a Ouagadougou, in Burkina Faso, nel giugno del 2013. Nonostante la presenza di militari maliani, francesi e delle Nazioni Unite, Kidal è sempre sfuggita al controllo del governo del Mali. 

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