CRISI IN LIBIA: DAL MALI AL
CIAD, “LAVORO INCOMPIUTO”
17 dicembre
2014, Africa - L’instabilità nel sud della Libia, regione “insidiosa” e
“favoloso mercato di armi con destinazione il nostro paese” preoccupa il presidente
del Mali, Ibrahim Boubacar Keita.
È stato lo stesso Keita ad affermarlo, parlando da
Dakar al primo Forum internazionale per la pace e la sicurezza in Africa.
“Bisogna che la comunità internazionale si convinca che c’è un lavoro da
finire, di cui noi siamo la vittima collaterale” ha detto Keita, citando fra
l’altro i convogli di armi intercettati dalle forze di sicurezza maliane.
“Quanti ne passano senza che lo sappiamo e quanti
potrebbero passarne ancora senza la sorveglianza quotidiana di Barkhane?” ha
chiesto Keita, riferendosi al dispositivo militare francese nel Sahel.
I movimenti armati di matrice islamica della regione
si sono concentrati nel sud della Libia dopo l’operazione francese Serval
lanciata nel nord del Mali nel 2013, poi rimpiazzata da Barkhane, a vocazione
più regionale, dall’agosto scorso.
Anche il presidente del Ciad, Idriss Deby, il cui
paese siede nel Consiglio di sicurezza dell’Onu e che Keita ha chiamato in
causa, ha chiesto un intervento sulla Libia, affermando che “il Mali è una
conseguenza diretta della distruzione della Libia, proprio come Boko Haram”, il
gruppo basato nel nord della Nigeria di cui sono segnalati frequenti
sconfinamenti.
“Se si vuole risolvere il problema del Sahel bisogna
occuparsi della Libia” ha aggiunto Deby, aggiungendo che nessun esercito
africano è in grado di farlo e che “la soluzione è nelle mani della Nato che ha
creato il disordine”.
Gli ha fatto eco, fra gli altri, il senegalese Macky
Sall. La Libia – ha detto – “è un lavoro incompiuto. Occorre che chi l’ha
cominciato lo porti a termine”.
Fonte: www.misna.org
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