mercoledì 17 ottobre 2012


MALI - mondo
Via libera dell'Onu a una nuova guerra in Africa
Autorizzato un intervento internazionale nel nord del Mali, controllato da milizie separatiste Tuareg e dagli islamisti di al Qaeda. Le truppe saranno di Ecowas, l'organizzazione dei Paesi dell'Africa occidentale

Redazione - 13.10.2012
Il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha approvato una risoluzione che apre la strada a un'azione militare internazionale nel Mali, il paese africano dove da mesi vaste regioni del nord sono state prese sotto controllo da milizie islamiste e dai ribelli Tuareg. Il Consiglio ha chiesto un piano dettagliato alle organizzazioni internazionali che verrebbero coinvolte in un intervento per il ripristino della sovranità maliana su queste regioni, cioè essenzialmente all'organizzazione dei Paesi dell'Africa occidentale Ecowas (Economic Community of west african States, comprendente 15 Paesi) - oltre che al governo stesso del Mali, che ha sollecitato l'intervento internazionale. Ecowas ha già proposto l'invio di un contingente di tremila uomini.


La risoluzione del Consiglio, preparata dalla Francia che mantiene una sorta di "tutela" sul Mali e su gran parte dei paesi ex colonie dell'Africa occidentale, stabilisce un termine di 45 giorni per la preparazione dei piani e l'avvio delle operazioni e chiede ai membri delle Nazioni unite (in effetti, alla Francia) di fornire "assistenza, addestramento e aiuto logistico" alle forze armate maliane per aiutarle nell'azione di ristabilimento della sovranità. A margine, la stessa risoluzione sollecita anche l'inizio di un processo negoziale tra le autorità maliane e i gruppi armati che controllano il nord, esprimendo allarme per "le infiltrazioni fra questi gruppi di militanti di al Qaeda nel Maghreb islamico (AQMI)".
Viene citato il rapporto dell'assistente segretario generale dell'ONU per i diritti umani, Ivan SImonovic, recentemente tornato dal Mali, nel quale si descrive in termini allarmati l'imposizione nei territori controllati dai ribelli di una versione particolarmente dura della sharia, con lapidazioni, amputazioni, distruzioni di monumenti storici e un generale, violento peggioramento della condizione delle donne. Tutti elementi che secondo le nazioni unite possono configurarsi come crimini di guerra (la Corte penale internazionale ha già avviato un'inchiesta in tal senso) e giustificare un intervento armato internazionale.
Nella primavera di quest'anno, approfittando della confusione e della paralisi provocata nella capitale maliana Bamako e nelle strutture delle forze armate da un colpo di stato condotto da alcuni giovani ufficiali, il movimento di liberazione Tuareg (fondato un anno fa e legato, sembra, a gruppi di fuorusciti libici) ha proclamato la secessione delle regioni settentrionali del Paese (abitate appunto dalle popolazioni Tuareg) e la nascita di un nuovo Stato, denominato Azawad.
Nelle settimane successive, mentre il colpo di stato militare rientrava, lasciando comunque a Bamako una situazione di incertezza e instabilità, nell'Azawad si insediavano accanto ai Tuareg anche formazioni armate islamiste legate all'AQMI, che di fatto assumevano il controllo dei centri più importanti (Timbuktu e Gao) cacciandone i Tuareg. Questi ultimi, nei mesi scorsi, hanno rivolto richieste di aiuto alla comunità internazionale, senza esito. Nel Mali sono già presenti, in modo non ufficiale, alcune centinaia di militari francesi, insieme ad alcuni statunitensi e canadesi.
Alla fine di settembre le Nazioni unite hanno nominato l'ex premier italiano Romano Prodi come inviato speciale dell'Onu per la regione del Sahel (che comprende anche il Mali); non sembra tuttavia, almeno per il momento, che tra i compiti di Prodi rientri anche quello di interessarsi della futura azione militare internazionale nel Paese.

Nessun commento:

Posta un commento