lunedì 29 ottobre 2012

Mali: il terrore qaedista regna a Timbuctu

Demolito il simbolo dell'indipendenza: strade deserte e cittadini terrorizzati


AL ABAMAKO (Mali)- Bulldozer, mazze e picconi. Sono le armi con cui gli integralisti islamici, che occupano Timbuctu dal marzo scorso, stanno distruggendo l’immenso patrimonio artistico della «Perla del deserto». Ultimo bersaglio, il monumento all’Indipendenza che sorge al centro della città, preso di mira sabato dai qaedisti del Mali. Una statua di Al Faruk, leggendario protettore della «città dei 333 santi», incorniciata da una costruzione triangolare in muratura.


CONFLITTO INTERRELIGIOSO - Nell’oscurantismo praticato con sistematica violenza dai gruppi terroristici che hanno imposto la sharia su quasi due terzi del territorio del Mali, soltanto Allah può essere venerato. Così come in Tunisia e Libia distruggono mausolei sacri al sufismo (corrente spirituale dell’islam) e luoghi di culto musulmani e cristiani patrimoni dell’umanità “protetti” dall’Unesco. Tutto quello che è prova di culti più antichi e radicati del loro bieco salafismo o integralismo islamico, anche all’interno dello stesso islam, viene distrutto. Come i talebani con i preziosi Buddha di Bamiyan in Afghanistan.


FESTA ROVINATA - Timbuctu si è svegliata il giorno dopo la festa dell’Aid al Adha la festa musulmana del sacrificio del montone, con una nuova ferita. Il Centro di raccomandazione e divieto islamico, diventato - dalla presa della città da parte di Aqmi (Al Qaeda nel Maghreb islamico), Mujao (Movimento per l’unicità e la Jihad in Africa occidentale) e Ansar Addin (i «difensori della religione») - il nuovo centro del potere repressivo degli uomini con barba e turbante, ha stabilito che la distruzione del monumento, cominciato i primi giorni d’occupazione, doveva essere completato.
LA TESTIMONIANZA - Hibraim, un giovane abitante di Timbuctu che ha deciso di non scappare (come invece hanno fatto molti amici e quasi tutta la sua famiglia) racconta al telefono come la città abbia trascorso il giorno della festa in un clima surreale: «Le strade sono deserte, nessuno esce né ha voglia di festeggiare. Siamo terrorizzati. Pochi hanno sacrificato il montone. Sono mesi che non c’è lavoro e la gente non ha soldi neanche per l’Aid».
DIVIETO DI TRUCCARSI ALLE DONNE - Il racconto continua concitato, nonostante la linea disturbata: «La polizia islamica ha impedito alle donne di uscire a visitare i parenti, come si fa tradizionalmente. Hanno detto che se si truccano è bene che stiano in casa con il marito, non possono uscire. Per le nostre mogli è normale truccarsi per andare a trovare i parenti i giorni di festa». Hibraim è un buon musulmano come il 95% della popolazione del Mali, ma non condivide tale lettura reazionaria e anacronistica della religione. «Questa è gente venuta da fuori, che si finanzia con il traffico di droga e con i riscatti dei rapimenti di occidentali. Questo è terrorismo, non islam!».
EMERGENZA UMANITARIA - Negli ultimi mesi la situazione a Timbuctu, Gao e Kidal, i tre capoluoghi del nord del Mali, è degenerata fino a diventare un’emergenza umanitaria senza precedenti: esecuzioni, amputazioni, lapidazioni, stupri, arruolamento di bambini soldato. Oltre 400 mila profughi sono scappati al sud o in Paesi vicini, in fuga dalle vessazioni e da una grave crisi alimentare che sta flagellando la regione saharo-saheliana. Per questo l’Onu, l’Unione Europea e l’Unione Africana, riunitisi a Bamako lo scorso 19 ottobre, stanno accelerando i tempi di un intervento armato internazionale per liberare le regioni settentrionali del Mali.
PRODI, L’ONU E L’INTERVENTO - L’attesa risoluzione 20/71 votata dall’Onu all’unanimità il 12 ottobre, dà 45 giorni alla Cedeao (la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale) per presentare un piano di guerra credibile e strutturato. La nomina dell’ex presidente del Consiglio italiano e dell’Unione Europea Romano Prodi a inviato speciale di Ban Ki-Moon nel Sahel esprime l’urgenza e l’impegno della comunità internazionale, decisa a sradicare la minaccia qaedista dalle sabbie del Mali.
I RINFORZI - Ma con l’avvicinarsi dell’intervento dell’esercito maliano e dei 3.300 soldati della Cedeao (che comunque non comincerà prima del nuovo anno, secondo fonti diplomatiche), le fila dei qaedisti si rafforzano di nuovi combattenti arrivati da Paesi vicini e lontani: Algeria, Mauritania, Tunisia, Egitto, ma anche Francia, Pakistan e Afghanistan. La galassia del terrorismo mondiale di stampo jihadista si sta dando appuntamento nel deserto del Sahara, diventato il suo santuario. Timbuctu non è mai stata tanto (pericolosamente) vicina all’Europa.

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