giovedì 8 novembre 2012

AUMENTANO GLI SFOLLATI E I TIMORI PER IL FUTURO


MISNA, novembre 6, 2012 - 13:10 MALI

In due mesi è aumentato di 85.000 il numero di persone sfollate all’interno del territorio del Mali: una condizione che in tutto riguarda 203.845 cittadini del paese del Sahel. L’ultimo dato è stato diffuso dall’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr). Il precedente bilancio del mese di settembre, ha ricordato il portavoce Adrian Edwards, confermava la presenza di 118.795 sfollati interni. La sola capitale, Bamako ha accolto almeno 46.000 persone invece di 12.000 lo scorso luglio. Operatori umanitari e fonti di stampa maliane ricollegano l’impennata di sfollati all’insicurezza diffusa e alle gravi violazioni dei diritti umani commessi dai gruppi armati che da sette mesi hanno preso il controllo delle regioni settentrionali di Gao, Kidal e Timbuctù, ma anche alla “paura per un intervento militare imminente”, allo “scarseggiare dei beni di prima necessità” e all’ “accesso limitato ai servizi essenziali”.


L’aggiornamento dei dati, ha sottolineato Edwards, è stato reso possibile dai censimenti realizzati a Bamako dall’Organizzazione internazionale per la migrazione (Oim) e dal gruppo di lavoro istituito con altri organismi Onu – la Commissione sui movimenti delle popolazioni in Mali – che è riuscito ad andare sul fronte di crisi.
Agli sfollati interni si aggiungono altri 200.000 maliani che hanno varcato i confini entrando nei confinanti Niger, Burkina Faso e Mauritania, ma anche in Guinea e Costa d’Avorio. L’Unhcr ha sottolineato che il flusso continua ma che l’accesso ai campi sta diventando più difficile, soprattutto in Niger “dove il livello della sicurezza è davvero preoccupante” ha precisato il portavoce dell’organismo Onu, evocando i “rischi aumentati di rapimento degli operatori umanitari che devono circolare scortati da agenti armati”. Nei giorni scorsi sono stati liberati cinque operatori umanitari nigerini – un collega ciadiano è rimasto ucciso – rapiti lo scorso 14 ottobre, a Dakoro, località della regione sud-orientale nigerina di Maradi, o dagli islamici del Movimento per l’unità e il jihad nell’Africa occidentale (Mujao), un gruppo che controlla il Nord del Mali con Ansar Al Din e Al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi). L’agenzia Onu ha espresso una particolare preoccupazione per la sorte dei bambini e degli adolescenti rifugiati che da mesi non hanno accesso all’istruzione; nei campi del Niger devono ancora essere allestite le aule scolastiche. Dei 150 milioni di dollari richiesti per prestare assistenza a sfollati e rifugiati l’Unhcr ne ha effettivamente ricevuti il 41,7%.
Gli ultimi dati sulle conseguenze umanitarie della crisi nel Nord del Mali sono stati diffusi mentre a Bamako i capi di stato-maggiore dei paesi membri della Comunità economica dei paesi dell’Africa occidentale (Cedeao) stanno valutando la strategia militare da attuare al Nord, che prevede il dispiegamento di 4000 uomini degli eserciti della regione. Nei giorni scorsi esperti della Cedeao, dell’Onu e dell’Unione Africana hanno messo a punto uno schema di intervento di una missione africana – sostenuta dai militari europei e statunitensi – da presentare al Consiglio di sicurezza dell’Onu che il 12 ottobre ha dato una scadenza di 45 giorni ai paesi dell’Africa occidentale. L’intervento potrebbe riguardare soltanto le regione di Kidal e Timbuctù per sloggiare Aqmi e il Mujao mentre la zona di Gao dovrebbe essere risparmiata se alla fine il dialogo aperto con Ansar Al Din e i tuareg del Mnla dovesse andare a buon fine. Ma sul tentativo di recuperare Ansar Al Din e l’Mnla, portata avanti dai mediatori del Burkina Faso, non solo il governo di Bamako ha espresso perplessità. Si sta facendo sempre più strada l’ipotesi di lanciare l’offensiva di liberazione del Nord all’inizio del 2013 per poi tenere elezioni generali cruciali per ristabilire in Mali un potere democraticamente eletto.
Dalla vicina Algeria, Soumeylou Maïga, ministro degli Esteri sotto la presidenza di Amadou Toumani Touré, ha dichiarato che “prima dell’azione militare serve una visione politica, indispensabile per avere la meglio su gruppi mafiosi e terroristi”. Nell’ambito di una conferenza sulla crisi del Mali, tenutasi presso la Fondazione algerina di studi strategici, Maïga ha sottolineato che “i maliani devono avere la leadership nella lotta ai gruppi armati che occupano il Nord”, avvertendo del rischio di “strumentalizzazione del caos da parte di diversi protagonisti per trasformare il paese in una terra di combattimenti, una terra del jihad”. Dopo aver ribadito che “la priorità va al ristabilimento della sovranità”, l’ex ministro ha ricordato la posta in gioco nel Nord del Mali “cuore del Sahel, zona strategica non solo in termini di risorse petrolifere e minerarie”.

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